Autocostruttori

domenica, novembre 07, 2010

L'arte di collimare


Un telescopio per uso visuale sotto cieli bui deve essere smontabile (per trasportarlo) e di grande apertura (per vedere). Ogni volta che un tubo ottico del genere viene smontato e rimontato, non assume mai la stessa esatta geometria.
Nell'articolo precedente abbiamo visto che per ottenere una buona qualità dell'immagine è essenziale che gli elementi ottici siano in posizioni relative precise. Questo si ottiene realizzando dei sistemi di regolazione che permettano di muovere gli elementi ottici uno rispetto all'altro, indipendentemente dal fatto che la parte strutturale del tubo sia posta ora un po' più in qua, ora un po' più in là.
Infatti, a seconda della precisione con cui sono state costruite le parti strutturali, gli elementi ottici possono trovarsi spostati di qualche millimetro (o di qualche centesimo di millimetro se per assurdo le parti fossero molto precise). In entrambi i casi l'entità di questo questo conta poco, dato che gli elementi ottici vanno riposizionati uno rispetto all'altro. La fluidità dei movimenti conta invece molto di più.

Ma come avviene nella pratica la collimazione? Nella figura sono illustrati i passi fondamentali (cliccare per vedere la figura in grande). La figura non mostra intenzionalmente il tubo ottico, la cui unica funzione è fornire supporto agli elementi collimabili. Dovrebbe essere anche evidente che ciò che conta è la posizione relativa dei tre elementi ottici.

Immaginiamo di partire dalla situazione numero 1 nella quale il secondario sia spostato sia rispetto all'asse ottico del primario sia rispetto all'asse ottico dell'oculare, e che sia anche orientato in maniera sbagliata. Sempre in figura 1 si evidenzia il fatto che l'asse ottico dell'oculare potrebbe non essere ortogonale all'asse ottico del primario. Questo errore, in realtà, non ha alcun effetto. Anzi, un telescopio Newtoniano può essere costruito con una angolo di deviazione del fascio ottico diverso da 90° e questa possibilità è stata sfruttata in alcuni dobsoniani cosiddetti "low rider" per abbassare la posizione dell'oculare (ma questo è un altro argomento che tratterò un'altra volta).

Nella configurazione 1 inseriamo un laser nel fuocheggiatore. Il raggio laser materializza l'asse ottico dell'oculare. A questo pnto il secondario va abbassato finché il raggio lo colpisce nel punto di offset. Si tratta di quel punto tale che osservando il secondario dal fuocheggiatore questo appare perfettamente centrato con il tubo del fuocheggiatore, come in 2. Questa operazione si fa una sola volta perchè il secondario e il fuocheggiatore sono solidali alla cella superiore e quindi non sono soggetti a variazioni di posizione relativa nei successivi montaggi. Eventuali errori destra-sinistra si correggono mettendo in squadra il fuocheggiatore, mentre gli errori alto basso si correggono usando la vite di avanzamento del secondario nel suo complesso.
Quanto deve essere preciso questo primo allineamento? Si legge di tutto, ma sorprendentemente la centratura del secopndario è alquanto tollerante. Se per esempio il secondario fosse 1 mm più in alto rispetto al tubo del fuocheggiatore, l'effetto sarebbe solo che il campo perfettamente illuminato si estendi 1 mm in più nella parte alta. Gli oculari ad alto ingrandimento non usano tutto il campo illuminato e quindi le0'ffetto è zero. Gli oculari a basso ingrandimento usano un campo più ampio e in questo caso la caduta di luce ai bordi sarà un po' diversa (ma andando a fare i conti si scopre che è impercettibilmente diversa).
In buona sostanza se il nostro laser colpisce il secondario a una distanza di 1 mm dal punto di offset va bene.

Passiamo ora alla fase di figura 3.Notiamo che il raggio laser (che materializza l'asse ottico dell'oculare) non colpisce il primario nel centro. Nel mio telescopio, per esempio, fra un montaggio e il successivo il raggio finisce al massimo a 5-10 mm dal centro. Questo dà un'idea degli errori di forma del tubo fra un assemblaggio e l'altro.:Operiamo quindi sulle viti di collimazione che consentono di ruotare il secondario finché il raggio tocca il centro del primario. A questo punto abbiamo fatto fatto arrivare l'asse ottico degli oculari al centro dello specchio (4).

Notiamo che il raggio riflesso non ritorna indietro (5). Agendo sulle viti di collimazione del primario possiamo però ruotarlo finché l'asse ottico del primario è allineato con il raggio,. In questa condizione il raggio ritorna indietro su se stesso. Abbiamo così ottenuto la situazione in 6 nella quale l'asse ottico dell'oculare coincide con l'asse ottico del primario. Non serve altro.

In pratica ci sarà qualche errore al termine della fase 4, perché è difficile valutare se il raggio colpisce esattamente il centro del primario. Di solito questo errore è meno di un mm (dipende dalla dimensione e precisione del marker centrale). Che effetto ha questo errore? Semplicemente che che il raggio di ritorno e l'asse ottico sono distanti circa un mm e che, in ultima analisi, l'asse ottico del pèrimario finisce un po' spostato rispetto al centro del campo dell'oculare. Ed è per questo che la collimazione va poi ritoccata allo star test (ma questo è un altro argomento).

Qualcuno a questo punto potrà notare che se si toglie e si rimette il laser nel fuocheggiatore si potrebbe ottenere un percorso diverso per la luce. Questo sta solo a significare il fatto che l'oculare può essere inserito nel fuocheggiatore con un certa imprecisione nella orientazione. Tuttavia l'asse ottico del primario continua ad arrivare al centro del campo visivo. I piccoli errori di assetto dell'oculare sfuocano al più le stelle ai bordi opposti del campo, ma sono di gran lunga inferiori agli effetti della curvatura di campo.

Alla fine di questo processo la parte strutturale del telescopio (ossia il tubo) potrà trovarsi qualche millimetro (usualmente meno) in qua o in là rispetto all'asse ottico del primario girati di qualche frazione di grado. Ma è ovvio che dove sta la materia della parte strutturale non ha alcun effetto sulla qualità dell'immagine.

domenica, ottobre 31, 2010

Sulla precisione del tubo...


Vi siete mai chiesti quanto deve essere preciso il tubo di un telescopio? Qualcuno potrebbe pensare che, siccome le superfici ottiche sono lavorate con estrema precisione, allora precisioni simili sono necessarie per tenere le superfici nella giusta posizione.
In realtà non è vero che le posizioni relative devono avere la stessa precisione della forma delle superfici (il motivo è che contano le differenze di cammin ottico e un errore di posizione spesso risulta in una variazione uguale dei cammini ottici e quindi in una differenza nulla).
Cio che serve è solo un sistema per poter posizionare gli elementi ottici uno rispetto all'altro nella corretta posizione. In una parola: collimare.

Nella figura di sinistra si vedono gli elementi ottici collimati e posti in un tubo ottico di forma molto accurata. E' però del tutto evidente, se si osserva la figura di destra, che il tubo ottico potrebbe benissimo essere tutto storto e, purché sia possibile regolare le posizioni relative degli elementi ottici, sarà sempre possibile metterli uno rispetto all'altro nella giusta posizione.
Quello che realmente serve è che il tubo non cambi forma facendo perdere la collimazione. Non importa se è un cilindro perfetto o se ha una forma ellittica o se il bordo inferiore è storto.

Ecco come mai, per esempio, una struttura truss molto grossolana di un dobson di legno autocostruito funziona perfettamente a patto che sia possibile regolare le posizioni degli elementi ottici. In pratica serve poter orientare il primario in modo che l'asse ottico finisca nel centro del secondario (tenuto conto dell'offset) e serve poter regolare la posizione relativa del secondario e del fuocheggiatore in modo che l'asse dell'oculare coincida con l'asse ottico riflesso dal secondario.
Ovviamente schemi ottici più complessi e con più elementi potrebbero essere più difficili da collimare.

Invece, se la struttura si deforma (vuoi la struttura vuoi i supporti delle ottiche) allora si perderà la collimazione usando il telescopio. Le strutture truss in genere sono molto rigide. Le celle, a meno di errori concettuali di progetto, sono altrettanto rigide (un buon progetto è quello di Berry e Kriege). Fare una struttura che non si deforma è solo questione di know-how.

venerdì, dicembre 18, 2009

Misurare la riflettanza di uno specchio con una fotocamera digitale.



Nella foto il mio specchio appena uscito dalla camera che lo ha alluminato. Visivamente si può valutare l'intensità del bianco del foglio come appare riflessa e diretta e farsi una idea della riflettanza.
In realtà si può fare di più: basta leggere i valori RGB con una utility. Per questo ho selezionato una piccola area di 8x8 pixel accanto ala cifra "9" del "21.9" (immediatamente a destra dell'occhiello del 9).
Nella immagine riflessa questa area esce con questi livelli (media dei 64 pixel): R 147,9 G 159,2 B 139,1. Individuando la stessa porzione di foglio nella immagine non riflessa si ottiene: R 155,9 G 167,9 B 147,2.
Per calcolare la riflettanza bisogna tenere conto che i livelli letti in questo modo non sono proporzionali alla intensità luminosa. Questa immagine è codificata nello spazio colore del Macintosh, con gamma=1,8. Questo significa che l'intensità è proporzionale ai livelli elevati a 1,8.
Per calcolare la riflettanza si deve quindi calcolare il rapporto fra i livelli misurati elevati alla potenza 1,8 (2 nei PC). Il risultato è:

riflettanza nel rosso = (147,9/155,9)^1,8 = 0.91
riflettanza nel verde = (159,2/167,9)^1,8 = 0.91
riflettanza ne blu = (139,1/147,2)^1,8 = 0.90

Questo risultato è ottenuto usando una semplice camera digitale compatta, che restituisce immagini codificate in uno spazio colore (da cui la necessità della conversione con l'elevamento a potenza).
Potendo leggere direttamente le immagini raw in scala lineare, si può ottenere sicuramente una precisione migliore (perchè si elimina la ambiguità di eventuali trasformazioni di spazio colore che talvolta avvengono in maniera incontrollabile).

La principale causa di errore in questo processo non è la precisione della fotocamera ma la difficoltà di individuare l'esatta area corrispondente nella immagine riflessa e non riflessa. A questo si può ovviare con una carta quadrettata oppure disponendo coriandoli bianchi davanti allo specchio.
Altra causa di errori potrebbe essere il fatto che la carta non emetti in maniera isotropa a cui si potrebbe ovviare ripetendo le misure con la carta (o i coriandoli) orientata diversamente. Altre cause di errore potrebbero derivare da illuminazione non uniforme.

Con un po' di attenzione però però queste difficoltà possono essere superate.

domenica, novembre 29, 2009

Cella per uno specchio sottile

Un amico autocostruttore, Davide Visentin, mi ha chiesto di verificare la sensibilità agli errori costruttivi per una cella di un ipotetico specchio di 570 mm di diametro, F4,5, ostruzione 110 mm, spessore 38 mm in vetro calcio-sodico.
Il metodo è simile a quello esposto più in dettaglio in questo approfondimento.

Per prima cosa ho calcolato una cella a 18 punti utilizzando PLOP. Il materiale ha le seguenti caratteristiche: modulo di elasticità 60GPa, modulo di Poisson 0.22, densità 2450 kg/m^3. Il risultato è mostrato nelle due figure che seguono.




Il risultato di PLOP indica un errore superficiale PV di 14 nm (lambda/39 superficiale) e un errore rms pari a 2.2 nm (lambda/250). I punti di appoggio sono collocati rispettivamente ai raggi di 0.3961 e 0.8056 (volte il raggio dello specchio).

Ho quindi fatto di nuovo i calcoli con COMSOL, con la geometria dei punti suggerita da PLOP. Ne è risultato un errore superficiale PV pari a 11.8 nm (lambda/46) escluso la parte ostruita e 1.8 nm rms (lambda/312). Vedi la figura seguente.


Per analizzare la sensibilità agli errori ho supposto che lo specchio si eccentrico di 1 mm. Il risultato è 17 nm PV (lambda/33) superficiale, escluso area ostruita, pari a 3.6 nm rms (lambda/151). La deformazione è prevalentemente astigmatismo (vedi figura).


In base a quanto esposto ne3l documento di approfondimento indicato, errori simili sono prodotti anche da errori costruttivi dei bilancieri e dei triangoli. Assumendo che ciascuno dei 3 bilancieri e dei 6 triangoli produca un contributo rms circa uguale e che questi siano non correlati si ottiene una stima dell'errore complessivo pari a 3 volte il valore suddetto (radice quadrata di 9). Vale a dire che una cella con 18 punti, con precisione di costruzione delle parti intorno al millimetro, avrà presumibilmente un errore finale pari a ~11 nm rms (lambda/50 superficiale).
Si tratta di un errore elevato (lambda/25 sul fronte d'onda) species tenuto conto che sarà poi combinato con eventuali errori di forma dello specchio.
Va tuttavia osservato che l'errore è in gran parte astigmatismo e che è sempre possibile, almeno in linea i principio, correggere la centratura dello specchio di 1-2 millimetri per compensare gli errori delle imprecisioni delle parti.

domenica, agosto 30, 2009

Yet another method for "cooling" mirrors

Amateur astronomers know that mirror telescopes often exhibit poor contrast and resolution compared to refractor telescopes. Alan Adler, in his article Thermal management in newtonian telescopes (Sky and Telescope, Jan 2002) pointed out that "the problem" is born in a thin layer in front of the mirror, which is the boundary convective layer forming on the mirror face if it is warmer than air (see also Bryan Greer, Sky and Telescope, Sep. 2000).
What happens is that mirrors store a lot of heat and, when used in cooler environments, transmit heat to the air in front of them, like the bottom of a pan. The worm air forms an unstable layer which forms columns of warm raising air interleaved with columns of descending cooler air. This structure is called "convective cells". The mirror is topped by a bad "air lens" of irregular thickness and temperature and the neat effect is a wavefront error which happens on the characteristic scale of the size of the convective cells.
One can even see the cells by defocusing a lot a star image. It is better to look at intrafocal images, because extrafocal images tend to focus on high layers in the atmosphere, and show also the effect of atmospheric seeing. An example is here. Defocused images of convective cells take on the aspect of "spider webs" sometimes according to an hexagonal arrangement. Steve Khoeler has been able to reproduce the aspects of defocused images assuming that the wavefront error spectral density peaks at the spatial frequency which is characteristic of the convective cell sizes. Here is his work. One can even judge the severity of the bad boundary layer from the pictures. Note how the in-focus images look different from the theoretical images caused by the kolmogorov spectral distribution of the atmosphere. Here there are spikes and large halos, which often are reported by observers.

In realizing that the convective boundary layer is responsible for most of the "seeing" problems of mirror telescopes, Alan Adler also found the means to cure it.
Of course, if the mirror is at the air temperature, no boundary layer is formed. Thus, letting the mirror to cool down may be a method. However, large telescopes come with thick mirrrors, whcih can be so slow to cool that they actually cannot follow the variations in the air temperature during the night and thus are never cooled. Heat exchange can be improved, for example, by means of fans blowing onto the mirror (either sides) and this is often done.
Adler however used a different approach which consists into blowing air across the mirror face to wipe the boundary layer away.
The solution presented here is somewhat similar, with some differences. The most important difference is that the air remains laminar on the mirror face. The aim is to gently "extract" the warm layer as soon as it is formed and/or to keep it at minimum thickness and a regular shape. Alan also tested this solution, but he preferred the fan blowing across the face. I think this solution cal also work, provided that a properly formed suction annulus on the mirror edge is made (see below).

The first figure (click figures to enlarge) shows a fan attached to the rear of a mirror box. Except for the fan there is no other exit from the box. The fan is attached to the box by means of velcro strips (however elastic strips could be better, should one notice vibrations). A rechargeable battery is also attached to the mirror box back, by means of velcro again.

In front of the mirror there is a diaphragm, which lets only an annular section for air intake (figure 2 and 3). Thus the final effect is that air is extracted all around the mirror edge. As the air moves towards regions with lower pressure the flow remains stable and laminar (conversely, blowing air onto the mirror face produces turbulent flow). The system is not very effective in cooling the mirror. However it does not aim at cooling the glass: it aims at controlling the convective layer. In practice I have found that it is useable from the very first minute. Turning the system on and off I can see different grades of the "spider web phenomenon" (see Steve Khoeler's article). Gradually, the mirror cools (some amount of cooling effect is obtained because the warm layer is continuously stripped away) and in one hour or two I can see further improvements in the image quality on planets. I quickly reach the limits of the atmosphere, and the scope behaves "refractor-like" (but a 400 mm refractor!).


I carried out a quick Computational Fluid Dymanic analysis, shown in the last figure. The streamlines show a rather regular flow descending on the mirror face, which "squeezes" the boundary layer and extracts it from the mirror edge. The colors represents the flow speed. Here the volume flow rate is approximately 0.04 cubic meters per second (~80 cfm) which produces a speed of the air descending in front of the mirror which approximately amounts to 0.2-0.3 m/s.
I have yet to optimize the syetem.

domenica, giugno 22, 2008

Star Test of a 400 mm telescope

Here is the star test of a 400 mm telescope. The movie has been capture using a Canon Powershot 60 hand held in front of the eyepiece, while turning the focuser with the other hand!! There is a little bit of miscollimation and the mirror is not perfectly cooled (there are signs of convective cells). The star is Vega.

venerdì, giugno 13, 2008

How different apertures behave under the same seeing

This movie shows a star's image as seen by different scopes under the same atmospheric seeing. The leftmost image is produced by a scope (roughly) the same size of the Fried's paramter, The second 1.5 times the diameter, the third 2.5 times, and the fourth 5 times. As seen the larger the diameter (comapared to Fried's scale) the more number of speckles appear in the image and the more damage the image has. Nevertheless, the overall image size shriks moving from left to right. We can think of this as the fact that, as the scope resolution imporves it becomes able to revela then atmospheric effects.
It is also interesting to note that, according to Fried's work, the smallest scope produces a image which is jerky, whereas the lergest, encompassing more atmosphere at any time, has less tilt and tip and more roughness.